Fra Simone del Sere e la quarta cerchia
delle mura di Firenze

Fra Simone del Sere fiorentino in alcuni anni ebbe l’incarico di camarlingo-procuratore, ovvero economo, del convento della SS. Annunziata.
Compilò anche dei fogli di un pregevole registro, le Ricordanze di Santa Maria di Cafaggio, 1295-1332, trascritto in «Testi dei ‘Servi la Donna di Cafaggio’» dal p. Eugenio M. Casalini (1995).
Nel 1321-1322 fu superiore del convento e nel 1323 suo vicario. Morì nel 1331, secondo Prioris (1905). Questa fonte però lo dice anche esimio predicatore e di grande intelligenza nelle dispute e, erroneamente, in questo lo scambia con il confratello fra Simone da Figline che il 19 marzo 1317 professò a in Santa Maria a Rimini nelle mani del priore fra Guido e che nei registri fiorentini è presente, è vero, insieme al nostro, ma ben distinto.
D’altronde allora a Cafaggio non erano rari i frati ‘omonimi’, come ad esempio lo furono fra Simone da Sambuco e fra Simoncino o Simone “parvus”.
Fra Simone del Sere lasciò ricordo anche come pubblico camarlingo addetto ai pagamenti durante la costruzione delle mura di Firenze. È documentato nel 1316 con fra Accursio, nel 1318, nel 1319 e nel 1322 con fra Guglielmo.
La nomina di religiosi in questo incarico faceva parte di una tradizione del potere civile. Così gli Annali OSM, 274 (traduzione mia):

“I popoli e le repubbliche erano avvezzi in quel tempo ad affidare volentieri certi affari importanti e i depositi pubblici a dei religiosi, principalmente concittadini. Tra questi il Senato costituì spesso i frati fiorentini della SS. Annunziata: o sopra l’Annona per sollevare i poveri, come accadde ai frati Domenico e Alessandro nel luglio 1330, o sopra l’economato della costruzione delle fortificazioni, come fu nel 1331 e 1332 e molto a lungo per fra Simone “del Sera”, fra Bartolomeo Cini, fra Guglielmo, fra Grimaldo, fra Lapo dei Fei e fra Giovanni di Narbona e altri per tanti anni, come riportano i registri del tempo. Talvolta i frati furono anche commissari di castello o di città; quando i Fiorentini ebbero Arezzo in sottomissione, dalla Repubblica, tra gli altri ufficiali per gli anni 1338 e 1339 furono mandati a turno in qualità di camarlinghi e di procuratori per l’arce, fra Giovanni, fra Tommaso, fra Bartolo ed altri”.

Le mura di Firenze, delle quali si occupò fra Simone, erano quelle della quarta cerchia che avrebbe dovuto essere alta sei metri e lunga otto chilometri e mezzo, secondo un progetto attribuito ad Arnolfo di Cambio.
I lavori iniziarono a partire dal 1281 e ebbero delle interruzioni. Si conclusero nel 1333 sotto la direzione di Andrea pisano.
Fra Agostino Morini (Studi storico critici..., 1888, † 1909), oltre a ricordare tra i camarlinghi fra Bartolommeo Cini, fra Andrea e fra Niccolaio “fin dal principio”, il nostro fra Simone e fra Accorso, ne illustra le competenze: nel 1318 “avevano l’ufìzio di ricevere, pagare, spendere e convertire il danaro del Comune venuto nelle loro mani ...”. I religiosi, poi, “fatti rivedere i conti dai ragionieri”, venivano dichiarati per sentenza del Giudice buoni amministratori ...”.
I controlli sul lavoro di fra Simone del Sere avvennero nel 1320 con una sentenza pronunziata da dom. Andrea giudice e ufficiale del comune di Firenze e scritta da Giovanni del fu dom. Iacobo notaio e scriba.
“Nos Andreas” – inizia la carta – assolviamo “religiosos viros fratres Simonem del Sere e fratrem Dominichum florentinum de ordine fratrum Servorum Sante Maria de Caffagia cam. et official. ad faciend. fieri perfici et compleri muros civitatis Flor.” per il tempo di due mesi iniziati il 12 novembre passato.
Le mura interessate andavano “a porta Sancte Candide versus portam Sancti Galli ... et a dicta porta Sancte Candide versus flumen Arni” a nord-est della città.
Il riferimento del giudice era il libro entrata e uscita scritto da ser Simone di Dolce per il Comune ... e la “rationem factam et calculatam per providos viros Chiarinum Davanzati, Futium del Maestro [sic], Francischum Cose, Pierum Nardi, Iacobum ser Michaelis et Ruggerinum Scarpi” ufficiali “et raciocinatores per priores artium et vexill. iustitie deputatos ...”.
Erano pervenuti a fra Simone e a fra Guglielmo fiorini d’oro duecento, lire 115, soldi 14 e denari 1 da amministrare.
Il tribunale di controllo fu “sedente in domo Circulorum ubi dictus dominus iudex redit” – di sede nella casa dei Cerchi dove il detto signor giudice ritorna –, testimoni Falco di Cambio, ser Franchino di Vermiglio da Firenze e ser Giovanni di ser Andrea. Il notaio copiatore si firmò Giovanni del fu Finghi Castaldi.

Una nota sulla porta di Santa Candida che ebbe anche il nome di Sant'Ambrogio e oggi ha quello di Porta alla Croce. In piazza Beccaria sorge isolata a segnare il centro della grande area (tanto trafficata!) dovuta al rinnovamento progettato da Giuseppe Poggi negli anni di Firenze Capitale (1865-1871). La costruzione originaria era già stata ridotta in altezza in occasione dell'assedio del 1529-1530 che atterrò anche la chiesa di Santa Candida.
Nella lunetta interna della porta come d’uso, a evidenziare la protezione della Vergine, è restato fino al 2017 un affresco cinquecentesco molto sciupato “raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Ambrogio, attribuito a Michele di Ridolfo del Ghirlandaio”.
Sul lato che guarda alla città invece si trova una iscrizione del 1310 “con una disposizione sulle dimensioni che allora aveva la struttura (porta, mura, fosso, spianato e strade interna e esterna)”, accompagnata dal giglio di Firenze e dalla croce del Popolo” (v. Repertorio delle Architetture Civili - palazzo spinelli.org).

Paola Ircani Menichini, 26 marzo 2022.
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